«Ma quanto e quale qualunquismo v’è nel lasciare agli altri il potere di disporre della nostra vita? Il più degli inalienabili diritti che noi - io sono in un molteplice collettivo - siamo chiamati ad esperire in uno spazio temporale terreno. Vita che ha assunto costi irrisori. Vita che non è più nostra o che forse solo fino a ieri ci siamo semplicemente illusi che lo fosse. Vita che altri, incredibilmente, nel proiettarci al di fuori di ogni accettabile gerarchia dei valori, possono, perché autorizzati dal più corale silenzioso assenso, continuare a sprecare a loro piacimento».
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